martedì 8 febbraio 2011

Dal Centro di Nerviano la molecola anticancro da tre milioni di euro

Dal Corriere della Sera di martedì 8 febbraio:

Ricerca La rinascita dell'istituto dopo il crac, grazie agli investimenti di Regione e Unicredit. Qui fu aperta la strada alla chemioterapia

MILANO - Dalla scoperta dell'adriamicina (considerata il farmaco apripista della chemioterapia a livello mondiale), al crac finanziario, fino alla rinascita. In 46 anni, la parabola del Centro di Nerviano, alle porte di Milano, può simboleggiare le tormentate vicende della ricerca scientifica italiana.
È di questi giorni la notizia della vendita di una molecola anticancro alla multinazionale Genentech (Roche), tra le società leader del mercato biotech. «Un colpo che fa di nuovo brillare la ricerca farmaceutica contro i tumori», assicura Sergio Dompé, presidente di Farmindustria. E pensare che neppure due anni fa per salvare il Centro di Nerviano, con i suoi 170 ricercatori e 530 lavoratori, sono dovuti scendere in campo scienziati come Umberto Veronesi, Gianni Bonadonna, Alberto Mantovani e Silvio Garattini. È il 1965 quando l'azienda Farmitalia costruisce a mezz'ora da Milano quello che è destinato a diventare il primo polo di ricerca privato in Italia per gli antitumorali. Sono gli anni del boom delle aziende farmaceutiche e delle scoperte che cominciano a rivoluzionare le cure contro il cancro: e qui - con la fusione negli anni Ottanta tra Farmitalia e Carlo Erba-Montedison - si fa la storia di un grande marchio dell'industria italiana, nonché primo produttore farmaceutico dell'epoca. Arrivano, poi, gli stranieri: e, nel 1992, con la svedese Pharmacia, Nerviano diventa un punto di riferimento mondiale. Ma nel 2003, sotto i colpi delle compravendite tra multinazionali - con Pfizer che acquisisce Pharmacia - rischia di infrangersi il glorioso passato di Nerviano: il colosso americano decide di concentrare le ricerche oncologiche negli Usa e di chiudere il Centro. È solo il primo atto di una crisi che minaccia di spazzare via i 240 laboratori di ricerca. Entra, su gara internazionale, la Congregazione dei figli dell'Immacolata concezione, un'organizzazione non profit di diritto pontificio. Negli anni successivi, però, i problemi finanziari continuano a tormentare la sopravvivenza di Nerviano. Sempre sull'orlo del crac. Fino all'aprile 2009 quando, con la chiusura ormai a un passo, si scatena la mobilitazione del mondo scientifico per fare capire che «il caso di Nerviano non è un patrimonio privato e che le competenze scientifiche e tecnologiche accumulate nel Centro sono un valore da non azzerare per una crisi dei bilanci».
Ma i conti sono in rosso: e le banche premono. È il momento più difficile per Nerviano, che viene superato anche e soprattutto con l'intervento del governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, soprannominato dai mass media per il suo interessamento al Centro di ricerche il «cavaliere bianco» del biotech lombardo. L'annuncio che fa tirare un sospiro di sollievo è a ridosso dell'ultimo Natale: «Regione Lombardia acquista Nerviano dalla Congregazione dei figli dell'Immacolata concezione - dice Formigoni -. Abbiamo stipulato un patto con Unicredit: la banca continua a restare esposta dal punto di vista finanziario, noi ci impegniamo direttamente per arrivare al pareggio di bilancio».E ora la vendita della molecola anticancro per 3 milioni di euro (e successive royalties sui farmaci venduti). Spiega Alberto Sciumè, dal 2009 presidente di Nerviano: «Cediamo a Genentech i diritti di licenza esclusiva per sviluppare una serie di inibitori con target di proprietà del Centro, per il momento coperti dal segreto industriale». È l'uscita dal tunnel attesa da tutti.

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